domenica 18 aprile 2021


Franca Contea

 

La mia visita a Franca Contea inizia di domenica pomeriggio sotto un grande acquazzone. Ad accogliermi Alessandra, una dei proprietari, cordiale e molto competente che mi ha da subito coinvolto nella storia di famiglia.
Cantina con origini agricole che negli anni ’60 è stata avviata alla produzione di vino e nel 1998 ha lanciato il Franciacorta a proprio marchio. 

La proprietà si estende per un totale di 15 ettari suddivisa in diversi vigneti e zone. La produzione annua si aggira intorno alle 100.000 bottiglie e, nonostante l’attività sia a conduzione famigliare, è tutto ben organizzato e suddiviso. 

Quello che si respira a Franca Contea è un clima di tradizione misto a innovazione, ben rappresentato anche dal logo aziendale, un graffito camuno composto dall’unione di 3 elementi: il sole, la terra e l’aratro. Questi elementi simboleggiano che il vino Franca Contea nasce dal sole, dalla terra e dal lavoro dell’uomo. 

 

 

Il grande amore per la terra ha spinto i proprietari a prediligere una viticoltura di tipo sostenibile, a basso impatto ambientale, a partire dalle lavorazioni in vigna nella quale vengono condotte, ad esempio, analisi del suolo per evidenziare eventuali carenze, fino alle lavorazioni in cantina, quasi minime, dove vengono analizzati i mosti, per verificare se il prodotto è in linea con gli standard di qualità della cantina. Il tutto ovviamente accompagnato dalle più moderne tecniche e strumenti. 

Il contesto che vi presento quindi è famigliare ben affiatato, nel quale, come nelle migliori squadre, ciascuno fa la sua parte per contribuire al progresso e alla crescita della cantina, focalizzandosi sulla qualità dei prodotti, elemento imprescindibile della buona riuscita del tutto. 

Ma addentriamoci nella visita.

Diversità dei territori: il segreto delle cuvée

Parlando di spumanti la cantina lavora prevalentemente su vigneti allevati a Chardonnay e in minima parte su vigneti a Pinot nero, per un’estensione totale di 15 ettari suddivisi in 3 zone diverse.

La differente composizione del sottosuolo, si ritrova anche su brevi distanze, motivo per cui si preferisce vinificare i vigneti singolarmente o in alcuni casi parcellizzarli, in modo da avere, come le grandi maison della Champagne ci insegnano, tanti vini base ciascuno diretta espressione del proprio territorio
L’esposizione dei vigneti è in prevalenza Sud-Ovest e le aree nelle quali si trovano sono:

  • La zona delle Torbiere, appena sotto il lago d’Iseo, considerata riserva naturale, nella quale i vigneti presentano terreni prevalentemente argillosi, che consente loro di produrre bene anche nelle estati secche, godendo del clima temperato della zona del lago
  • La zona di Adro tutto intorno alla cantina che si presenta con terreni a prevalenza sabbiosa/ghiaiosa, perfetta per ottenere buoni risultati anche nelle estati piovose 
  • La zona di Ronco, scomoda da raggiungere, montagnosa, composta da terrazzamenti con terreni marnosi. Qui producono molto bene lo Chardonnay e anche il Pinot Nero che per la sua qualità, ha bisogno di un clima più ventilato e meno afoso e umido. Una curiosità del vigneto di Ronco rispetto agli altri è che matura prima, per via della posizione

Bio Si o Bio No? 

Scambio molto interessante nel corso della visita è stato il punto di vista sulla certificazione Biologica. 
Come vi dicevo agli inizi dell’articolo, Franca Contea ha come filosofia aziendale quella di seguire tutte le fasi di vinificazione a basso impatto ambientale: produce un vino Vegano, dove per la filtrazione vengono utilizzati dei filtri in cartone
Ma l’idea di fondo è che la composizione pedoclimatica del territorio della Franciacorta, non permette di lavorare i vigneti in regime completamente Biologico
Per questo servono le diverse analisi condotte sui mosti e sulle uve in merito ai livelli di presenza dei metalli pesanti. Considerate che in base alle annate si ha più o meno bisogno di utilizzare prodotti come rame e zinco per proteggere le uve, di conseguenza la probabilità di trovare livelli di metalli pesanti molto diversi tra loro è più frequente.

Germogliamento, la bellezza dei vigneti anche centenari

Avendo i vigneti in zone molto distanti tra loro ho potuto visitare solo quelli presenti nei pressi della cantina. Quello che mi ha colpito di più è una vigna centenaria che la cantina sta cercando di raddrizzare per poterla lavorare con l’aratro. Risale ai tempi degli agricoltori, prima quindi dell’apertura della cantina.
Le viti sono davvero alte, ed è impressionante vedere la differenza di dimensione rispetto a quelle allevate a guyot.

I filari vengono lasciati inerbiti e davanti a ogni pianta presentano un solco con l’aratro, che serve per dare la possibilità alla pianta di assorbire l’umidità che si crea nella notte. Qui nei dintorni di Adro il territorio è sabbioso/ghiaioso quindi ideale in caso di estati piovose. Quanto all’inerbimento, nonostante le teorie contrastanti, per la cantina i pro superano i contro, sia per la funzione di biocenosi sia per poter entrare con i mezzi per effettuare le lavorazioni in modo puntuale, essenziali per la salute della pianta.

Alcune foto sul germogliamento

Forse non tutti sanno che:

  • In Franciacorta c’è il blocco degli impianti, ossia non è più possibile comprare un terreno e produrre Franciacorta, piantando nuove barbatelle. Le nuove barbatelle vengono solo assegnate annualmente alle cantine già esistenti per sostituire viti morte o per incrementare il vigneto.
  • Il controllo della produzione da parte del consorzio può avvenire tramite controlli aerei che stimano la produzione sulla base dell’ampiezza del vigneto, oltre che direttamente in presenza. E’ richiesto da disciplinare minino 4.500 piantine per ettaro, Franca Contea ne ha attualmente circa 5.000/6.000 a seconda del vigneto. Se sfortunatamente vengono stimati più grappoli, il consorzio può decidere di presentarsi in cantina e procedere con l’abbattimento dei grappoli in eccedenza direttamente in vigneto. Da disciplinare sono richiesti 100 quintali per ettaro.
  • Memoria storica della piantina: a causa della grandinata in Franciacorta dello scorso anno, Franca Contea ha perso il 70% della produzione, imbottigliando 30.000 bottiglie invece di 100.000. Capite bene la perdita. Ma quello che non sapevo è che la piantina di vite, ha una memoria genetica e l’anno dopo ha prodotto di più per compensare la perdita dell’anno precedente. La natura è sempre incredibile! 
    Con il controllo della produzione imposto dal consorzio però è stato concesso di vinificare il 20% della produzione extra, come riserva vendemmiale.
  • L’importanza delle potature: il papà di Alessandra è particolarmente attento alle potature e prendendosi cura dei vigneti da tanti anni, conosce quasi tutte le viti, di conseguenza gli basta uno sguardo per capire dove andare a tagliare e come. Le squadre di potatori al contrario tendono a tagliare tutte le viti nello stesso modo, solo che alcune hanno bisogno di un taglio diverso per svilupparsi meglio, quindi è un lavoro che si preferisce effettuare solo in famiglia e sotto stretto consiglio e guida del padre di Alessandra.
  • Brut Vegan perché? La cantina è molto sensibile al tema allergie. Franca Contea lavora già a basso impatto ambientale: nessuno sfruttamento animale, nessuna concimazione animale, numerose attenzioni in vigna e precise analisi di terreni e uve. 
    In più, nelle tecniche di cantina non usano nulla che sia di origine animale quindi niente caseine, albumine e colla di pesce. Viene impiegato per la filtrazione un cartone sterile di origine vegetale. Di conseguenza per andare incontro alla richiesta del mercato hanno preferito dedicare un’apposita etichetta al Brut.
  • Il segreto della liqueur? Nessuno. Per il rabbocco viene usato il vino della stessa annata, quindi niente liquori anche se consentiti da disciplinare, nient’altro che non sia vino. In più l’azienda cerca di dosare il meno possibile perché lo zucchero nasconde, di conseguenza tutti i loro vini sono poco dosati. Ed è la pulizia una delle caratteristiche che risalta maggiormente assaggiando i loro prodotti.

Pronti per la visita? 

La struttura della cantina si sviluppa al di sotto dell’area hospitality, dove dal cortile interno si possono ammirare delle bellissime arcate costruite con i sassi provenienti dai terreni circostanti la cantina (territorio di Adro), che ricordiamo essere di tipo ciottoloso. 

Prima di entrare nella parte della cantina vera e propria dietro le enormi porte in legno, mi accorgo della presenza su un pianerottolo al coperto della pressa (appena sotto una delle arcate). Questa è una delle innovazioni delle quali la cantina va molto fiera: la pressa sottovuoto. 

Strumento che solo in pochi hanno, personalmente è la prima che vedo, funziona diversamente rispetto alla classica pressa a polmone. 
Dopo la vendemmia che inizia intorno al 20 agosto (data che può variare a seconda dell’annata) le uve vengono conferite in cantina, a caduta dall’alto (come si vede dalla foto il tubo che scende dal soffitto). Una volta attivata la pressa lavora in depressione a -0,7 bar. Praticamente, invece di immettere l’aria per gonfiare la camera d’aria interna che comprimerà le uve verso le pareti del cilindro, l’aria viene tolta e i grappoli vengono aspirati verso l’esterno contro le pareti del cilindro. In questo modo la pressatura risulta ancora più delicata e le uve non si stressano, viene estratta in un’unica volta la quantità giusta di mosto fiore che verrà poi usata per vinificare tutti i prodotti spumanti. L’insieme di queste operazioni viene effettuato totalmente senza contatto con l’ossigeno.
Per scelta, sempre coerente con il mantenimento di un certo standard qualitativo, non vengono fatte seconde pressature e le vinacce, che sono in genere ancora ricche di mosto, vengono messe sottovuoto e inviate in distilleria per produrre le grappe a marchio della cantina.

La cantina 

Una volta varcata la grande porta di legno ci addentriamo finalmente nel reparto di vinificazione e rimane impresso l’enorme spazio a disposizione. Il portone principale sarà alto 5 metri, c’è una scala che comunica con il piano della pressa sottovuoto e ci sono numerose di vasche di fermentazione in acciaio inox che permettono il controllo della temperatura in fermentazione.
Cosa mi ha colpito di più? Il rigore, l’ordine e la pulizia, esattamente le caratteristiche che ritroveremo poi nei vini in degustazione. 

La Bottaia, la Spa delle botti

Arriviamo finalmente nella bottaia, che ho soprannominato la Spa delle botti, una stanza dove ogni rumore magicamente scompare, vige un rigoroso silenzio con in sottofondo lo scorrere leggero dell’acqua. Le luci sono soffuse e calde e il tutto infonde una calma e rilassatezza, quasi religiose. La stanza non è grande ma è molto accogliente e defaticante. Qui i vini riposano nelle botti in totale relax: ammetto di averli invidiati un po’!

Il caveau 

La bottaia confina con il caveau vero e proprio della cantina, la zona dove i vini dopo essere stati imbottigliati, riposano per almeno 30 mesi sui lieviti selezionati. La parete con tutte le bottiglie e il gioco di luci che viene a crearsi è davvero suggestivo.

Progetti alternativi

Terminiamo la visita nella sala di degustazione con un po’ di chiacchiere e curiosità sulla cantina. Hanno collaborato con un produttore di Whisky Scozzese che ha usato le botti del loro vino rosso (che invecchia 11 anni) chiamato Bolesna, per produrre una serie limitata di bottiglie di Whisky Scozzese affinato nelle botti di vino di rosso, sulle quali in etichetta viene riportato il nome della cantina.
Sono state vendute in un canale privato di collezionisti e sono andate a ruba.

La produzione 

L’azienda produce anche due vini rossi uno dei quali affina in botte per 11 anni e solo nel formato da 3 litri (è quello che era nelle barrique che sono state poi usate per produrre il Whisky Scozzese) oltre a due grappe, una bianca e una barricata. I nomi dei vini arrivano da significati 
in dialetto:

Ciusi – campo piccolo
Bolsena – montagnetta 

che servivano per indicare la vigna di  provenienza delle uve

E ora andiamo finalmente alla degustazione dei Franciacorta! 

Di seguito ho inserito le schede degustative di ciascuno spumante Franciacorta assaggiato. Avendo ora il quadro completo dell’Azienda posso dire che i vini rappresentano esattamente il loro stile. Sono spumanti puliti, diretti, rigorosi, eleganti ma non austeri. Ben fatti e di qualità, definizione che meglio li rappresenta.
Chi dice che i Franciacorta finiscono amari o che gli chardonnay sanno di »banana» non hanno avuto occasione di assaggiare quelli di Franca Contea. Ciascuno spumante ha una propria personalità e si distingue dagli altri a suo modo. In sintesi il Primus è diretto, sapido, fresco, stimola la salivazione, è perfetto per tutte le entrée e antipasti. Il Saten è delicato, raffinato, soffice. Il Mia Dusat è gourmet, elegante, conquista per la sua avvolgenza. Il Vert è fresco, agrumato, più del Primus nonostante la medesima composizione di blend. 

Franciacorta Brut – Cuvée Primus (sboccatura autunno 2020)
95% Chardonnay e 5% Pinot Nero
Permanenza sui lieviti 30 mesi
Zuccheri 4,5 gr/lt, Alcol 12,50%, PH 3,02, Ac.Tot 7,0
Vista: Giallo paglierino chiaro, brillante, limpido, bolla fine e persistente.
Naso: intenso, minerale con note di agrumi, menta/balsamico, leggero floreale, gelsomino, (fiori di pesco). Nel calice Zalto si sentiva panificazione, quasi pizza.
Bocca: fresca, sapida++, cremosa, finale citrino, molto invitante, stimola la beva successiva, torna il mentolato, buona la persistenza
In sintesi: un vino pulito, diretto, fresco, che invoglia la beva, ottimo da aperitivo o da abbinare a degli antipasti

Franciacorta Saten – Millesimato 2016 (sboccatura primav. 2021)
100% Chardonnay – 20% in botti di rovere
Permanenza sui lieviti 48 mesi
Zuccheri 7 gr/lt, Alcol 12,50%, PH 3,02, Ac.Tot 7,0
Vista: Giallo paglierino chiaro, brillante, limpido, bolla fine e persistente.
Naso: delicato, note burrose, ananas con qualche richiamo vegetale, note floreali, biancospino, miele, leggera mandorla.
Bocca: cremosa, sapida, fresca, quasi torna la mandorla, più morbido del brut, e chiusura ammandorlata con richiami citrini, buona la persistenza
In sintesi: un vino pulito, elegante, delicato, penalizzato sicuramente dalla sboccatura troppo giovane che lo rende meno espressivo di quello che potrebbe essere. Ideale per accompagnare primi piatti e secondi di pesce delicati.

Franciacorta Mia Dusat – Millesimato 2016 (sboccatura 06/2020)
100% Chardonnay
Permanenza sui lieviti 36 mesi
Zuccheri 2 gr/lt, Alcol 12,60%, PH 3,02, Ac.Tot 7,0
Vista: Giallo paglierino/riflessi dorati, brillante, limpido, bolla fine e persistente.
Naso: intenso, pieno, avvolgente, emerge una bella nota tostata, con un pizzico di affumicatura, mandorla e frutta secca sempre accompagnata dall’agrume, leggera nota vanigliata che richiama la pasticceria.
Bocca: molto cremoso, ha una sua struttura, è ampio, morbido, pieno, sapido con una pulizia sul finale davvero gradevole, la freschezza non ti abbandona mai. Lunga persistenza.
In sintesi: è un vino espressivo, ricco ma allo stesso tempo raffinato, gourmet, merita abbinamento con piatti anche particolari ed elaborati.

Franciacorta Brut – Vert Millesimato 2016 (sboccatura 06/2020)
95% Chardonnay e 5% Pinot Nero
Permanenza sui lieviti 30 mesi
Zuccheri 5 gr/lt, Alcol 12,50%, PH 3,00, Ac.Tot 7,0
Vista: Giallo paglierino chiaro/riflessi verdolini, limpido, bolla fine e persistente.
Naso: media intensità, emerge molto il vegetale, frutta a polpa bianca, pesca, mela, l’agrume e il floreale dell’agrume. Meno intenso del Brut ma sempre gradevole.
Bocca: fresco, sapido, cremoso, giovane, diretto, con chiusura citrina e di buona persistenza.
In sintesi: un vino pulito, fresco più del brut nonostante la composizione sia la stessa (probabilmente c’entra la diversa componente del terreno) ottimo come aperitivo


Alessandra Pierotti

@lalesomm

Loading...